L’Archivio Storico è parte integrante della Fondazione Banco di Napoli.  Oltre alla documentazione risalente alla nascita dei Banchi napoletani di età moderna, conserva anche i documenti prodotti dal Banco  delle Due Sicilie e dal Banco di Napoli, a testimonianza della continuità storica che lega la città e il Mezzogiorno al suo Banco che è detto di Napoli non solo per mera indicazione geografica, ma anche perché esprime il senso di appartenenza dell’Istituto radicato nel suo territorio e legato alla sua popolazione.

Il Banco di Napoli si è sempre posto quale volano dell’economia meridionale. Le sue vicende storiche travalicano i secoli: dalla seconda metà del XVI secolo operarono gli otto banchi di età moderna, nel 1808 nacque il Banco delle Due Sicilie, che nel 1861 prese il nome di Banco di Napoli che fu istituto di emissione dall’Unità d’Italia fino al 1926, allorché il servizio venne unificato presso la Banca d’Italia e il Banco di Napoli divenne istituto di credito di diritto pubblico.

Dismessa l’attività di emissione, il Banco seguitò la sua normale opera di intermediazione creditizia attraverso lo sconto, l’anticipazione, i conti correnti, la cassa di risparmio, il Monte di Pietà, le rimesse degli emigrati e le sezioni di credito speciali: il credito agrario e il credito fondiario. Dal secondo dopoguerra l’Istituto assunse l’esercizio del credito industriale, di quello all’esportazione e di quello alle opere pubbliche. Infine nel 1990 il Banco è divenuto una Fondazione con fini di interesse pubblico e utilità sodale – soprattutto nel Mezzogiorno – per ciò che attiene alla ricerca scientifica, all’istruzione, all’arte e alla sanità.

Nel corso di cinque secoli il Banco ha prodotto e conservato una significativa quantità di documenti, rappresentando oggi l’archivio storico economico più antico e più grande del mondo.  Istituito con decreto 19 novembre 1819 e ospitato nelle oltre 200 stanze del cinquecentesco Palazzo Ricca e dell’attiguo settecentesco Palazzo Cuomo, l’Archivio Storico ha sede in Via Tribunali, uno degli antichi decumani della città di Napoli.

I documenti conservati presso l’Archivio si distinguono in quelli prodotti dai Banchi napoletani di età moderna (metà del XVI secolo sino al 1808), dal Banco delle Due Sicilie (1809-1861) e dal Banco di Napoli, dall’Unità d’Italia al 1989.

Elemento fondamentale dell’attività creditizia fu la fede di credito, un titolo che i banchi si obbligavano a cambiare a vista in moneta metallica a chiunque lo esibisse alla cassa: di questo i banchi emittenti erano gli unici debitori. La fede di credito, accettata come contante, emessa da un notaio e contenente la causale del suo rilascio, comportava la liberazione del debito alla sua consegna.

Le diverse tipologie documentarie, costituitesi nel corso di cinque secoli, formano due grandi sezioni: quella apodissaria e quella patrimoniale. Le principali scritture della Sezione apodissaria sono le Pandette, i Libri Maggiori e i Giornali copiapolizze. Questi volumi servivano a registrare le operazioni effettuate con le fedi di credito o suoi succedanei (polizze, polizzini).

La consapevolezza del ruolo svolto dalle fedi di credito, l’esigenza di custodirle scrupolosamente e di consentire in ogni momento la facile ricerca del titolo originale, fecero sì che per il servizio apodissario venisse adottato uno speciale sistema di scritture. La chiave di volta era rappresentata dalle pandette, indice nominativo della clientela del Banco che recava anche un numero corrispondente alla pagina del libro maggiore, ove veniva registrato il conto intestato al cliente.

La contabilità nei libri maggiori era distinta in dare e avere. La conservazione avveniva, infatti, ordinando le fedi di credito per data di estinzione e infilzandole in uno spago di canapa munito di punteruolo di ferro. Le filze così formate venivano sospese a pioli in legno conficcati nelle travi del soffitto delle stanze dell’Archivio.

Per rendere più agevole e rapida la ricerca, le fedi e le polizze estinte venivano scrupolosamente trascritte sui giornali copiapolizze.

Si calcola che i documenti relativi alle scritture apodissarie dei banchi di età moderna costituiscano un complesso di oltre 190.000 unità; di circa 100.000 unità è la consistenza del fondo apodissario del Banco delle Due Sicilie e di circa 40.000 quella del Banco di Napoli, sino al 1894 allorché con la riforma del sistema contabile furono abolite le scritture apodissarie.

Il materiale afferente agli antichi banchi è stato inventariato ed è consultabile sia in forma cartacea, presso la Sala Studio dell’Archivio Storico, sia interrogando il database disponibile online (https://a4view.archiviobanconapoli.com/). In Sala Studio sono, inoltre, disponibili alcuni repertori e trascrizioni di documenti tratti dalle filze di diversi banchi.

La Sezione Patrimoniale è meno numerosa, ma non per questo meno importante in quanto conserva i documenti attinenti alla vita interna dei Banchi relativamente ai secoli XVI-XIX.

L’Archivio venne riorganizzato durante la gestione di Nicola Miraglia (1896-1926) che, con ordinanza del 18 ottobre 1906, disponeva che gli uffici del Banco conservassero la documentazione da archiviare riferendosi ad un’apposita pianta d’archivio, dettata allo scopo di salvaguardare la continuità delle unità archivistiche per la loro più corretta conservazione. Le sezioni di tale pianta erano relative alle dotazioni mobili e immobili dell’Istituto; alle leggi e ai regolamenti del Banco; e all’attività specifica esercitata. Dagli uffici prendevano, quindi, il nome i fondi di archivio: Emissione, Collocamento dei fondi, Titoli, Rappresentanti e Corrispondenti, Contenzioso, Credito Fondiario, Servizio Emigrati, Servizio Personale, Cassa di Risparmio, Affari diversi, Organi deliberanti.

Inoltre sono stati inventariati i fondi riguardanti l’attività delle Filiali, la corrispondenza di alcuni Direttori Generali del Banco, i Danni di guerra, il Servizio Tecnico Speciale.

Il materiale che abbia soggiornato per un periodo non inferiore ai 40 anni presso l’archivio di deposito è confluito presso l’Archivio Storico, cui è demandata la tutela del patrimonio storico-aziendale