Con l’unità di Italia del 1860 termina l’esperienza storica del Banco delle Due Sicilie che, dal 1861, diventa Banco di Napoli.

 

La solidità finanziaria dell’istituto consentì di superare la crisi e fronteggiare le richieste del governo sabaudo, grazie alla buona gestione del presidente Michele Avitabile, la cui abilità fece ottenere dal governo, con decreto del 27 aprile 1863, il riconoscimento di Banco di credito pubblico sottoposto alla sorveglianza del Ministero dell’Industria e commercio e non da quello delle Finanze e Tesoro.

 

Dal 1864, con l’approvazione del nuovo Statuto, oltre alle tradizionali funzioni creditizie, iniziò anche a battere cartamoneta.

 

A partire dal 1868 il Banco aprì nuove filiali in Italia, come Firenze (1867), Roma (1871) e Milano (1872) ed iniziò a sostenere in maniera significativa le imprese meridionali.

 

Dopo lo scandalo della Banca romana del 1893 il sistema bancario venne riformato, ma il Banco di Napoli fu, insieme alla Banca d’Italia e al Banco di Sicilia, una delle tre banche pubbliche salvate dalla crisi.

 

Il Banco di Napoli ebbe l’esclusiva della raccolta delle rimesse degli emigrati italiani: nel 1901 aprì la filiale di New York, nel 1913 quella di Tripoli, cui ne seguirono molte altre dopo il 1930.

 

Dal 1902 iniziò anche il suo impegno nel credito agrario con la creazione di sezioni specializzate.

Con la riforma bancaria del 6 maggio 1926 perse il diritto di battere cartamoneta, ma acquisì la fisionomia giuridica di istituto di credito di diritto pubblico con propria personalità giuridica e gestione autonoma.

 

Negli anni Trenta la sua sede venne sistemata nel Palazzo del Banco di Napoli in via Toledo. Buona amministrazione e scelte oculate diedero al Banco la forza di sostenere l’economia meridionale e di espandersi nei vari settori economici, affrontando le crisi verificatesi sia durante le due guerre mondiali, sia durante la grande depressione economica del 1929.

 

Dopo il 1945 si accentuò la propensione del Banco di Napoli all’espansione internazionale; tuttavia, a partire dal 1992, scelte politiche nazionali determinarono la fine dell’istituto meridionale, acquisito, nel 2002, dal gruppo San Paolo IMI