L’origine della Santa Casa dell’Ave Gratia Plena risale al 1304, quando i fratelli Nicola e Giacomo Scondito, nobili del Sedile Capuana, sciolsero un voto edificando una chiesa, cui era annesso un ospedale per poveri. La regina Sancia, moglie di Roberto d’Angiò, nel 1343 destinò l’edificio ai fanciulli abbandonati (i cosiddetti esposti).

 

Nel XVI secolo i governatori del pio luogo istituirono un banco da cui poter ricavare rendite, dal momento che già svolgevano attività di prestito fin dal secolo precedente. Nel 1580 inviarono al vicerè un memoriale nel quale sostennero che il pio luogo aveva sempre esercitato l’attività di deposito e operato come banco e chiesero l’autorizzazione alla sua istituzione formale, che avvenne nel 1587.

 

Il Banco ebbe uno sviluppo rapido con l’aumento crescente dei depositi. Le sue sorti seguirono quelle degli altri banchi napoletani, sia per quando riguarda l’espansione delle attività creditizie sia per quanto riguarda i periodi di crisi. La più importante di queste ultime si verificò nel 1622, cui seguirono quelle dei moti rivoluzionari del 1648 e della peste del 1656.

Sul finire del XVII secolo si verificò la sua crisi irreversibile a causa della Congiura di Macchia, con i creditori che ritirarono i loro depositi e l’emissione di numerose fedi di credito a vuoto da parte dei cassieri. Alcuni dipendenti del Banco furono arrestati per frode e si dovette ricorrere al sostegno degli altri banchi. Nonostante ciò, poco dopo il Banco fu costretto a sospendere i pagamenti.

 

L’11 maggio 1702 il Banco fallì a causa di un’esposizione debitoria accertata di oltre 4,5 milioni di ducati.

 

L’archivio del Banco dell’Annunziata è distinto da quello dell’originaria Santa Casa conservato dal Comune di Napoli.